Antica Hirpinia: la fenice di Taurasi

L’ultima volta che abbiamo parlato di Antica Hirpinia era stato da poco avviato il nuovo corso, quella rinascita che come l’araba fenice doveva ridare vita alle ceneri della vecchia cooperativa, la quale attraverso la struttura dell’Enopolio aveva fatto la storia del Taurasi docg con la prima fascetta ufficiale (1993) sulla bottiglia,  oggi gelosamente custodita in azienda. In quel racconto si parlava appunto di “seconda rinascita” dopo quella dell’Enopolio stesso, un punto di svolta che voleva approcciarsi a una produzione più qualitativa, a una comunicazione più moderna e ad una organizzazione più funzionale, grazie ad una nuova squadra, sia al comando che nei ruoli produttivi.

Eravamo a cavallo tra il 2016 e il 2017 e la strada intrapresa era certamente quella giusta, ma si è rivelata ardua e impervia, costellata di buche e sabbie mobili che hanno reso difficile soprattutto il recupero della credibilità di un marchio storico che ha vissuto indubbiamente momenti complicati. Oggi la situazione è decisamente cambiata e il duro lavoro svolto in questi anni inizia a dare i suoi frutti, ma la volontà dei soci (Alfonso Romano, Benedetto Roberto e Ciriaco Bianco) che oggi compongono il board aziendale è quella di emergere come eccellenza, perché la storia è un valore, perché le ottime attrezzature disponibili in una struttura di pregio sono un bene prezioso, perché le vigne secolari e i nuovi impianti di proprietà costituiscono un asset di eccellenza.

L’Irpinia è infatti una terra di antiche tradizioni vinicole che ben conosciamo, un areale dal timbro vulcanico e dalla storia millenaria, dagli Irpini (da hirpus ossia lupo nella lingua osca) fino ai Normanni, attraverso i Romani prima e Longobardi poi, per passare a Svevi e Angioni giungendo fino agli Aragonesi. Borghi e castelli che si avvicendano a vigne e cantine, fra saghe familiari, intrighi di corte e voci di fantasmi, per una commistione paesaggistica ed emozionale che rende questo territorio un piccolo affascinante mondo a parte.

Qui la vocazione vinicola non è solo tecnica, ma spirituale, è un legame profondo tra uomo e ambiente, alimentato dal rispetto per le tradizioni e dall’amore per la bellezza semplice e autentica di queste colline, i cui vini racchiudono l’essenza della terra, con sapori intensi, complessi e profondamente legati alle radici contadine e alla cultura locale.

Era d’obbligo approfondire la realtà in cui siamo stati invitati a immergerci recentemente, in visita presso questa azienda, ma prima ancora nel cuore di Taurasi e del suo Castello Marchionale (sede anche dell’Enoteca Regionale), proprio per rimarcare quel legame di cui abbiamo parlato. Poi abbiamo visitato alcune vigne e la cantina, che fruisce degli spazi del vecchio enopolio, in cui fanno davvero impressione le 79 vasche in cemento disponibili per la produzione. La Masterclass che si è svolta negli ambienti adiacenti la bottaia, immersi nella pietra, ci ha permesso infine di provare l’evoluzione stilistica e produttiva che è in corso e che l’enologo Maurilio Chioccia ha saputo illustrarci nel dettaglio. Chioccia è un enologo esperto (scuola Tachis e Cotarella) che lavora a stretto contatto con la cantina per valorizzare al massimo i vitigni autoctoni, combinando il rispetto per la tradizione a tecniche di vinificazione che si adeguano ai tempi e al tempo (anche inteso come meteo), al fine di esaltare le qualità, l’autenticità e la ricchezza del terroir nel prodotto finale.

Prima di passare alle note di degustazione, una chiosa sull’accoglienza che è stata riservata a tutti i presenti, giornalisti, esperti di settore e della comunicazione, soprattutto in termini di atmosfera, conviviale e attenta, ma ancor di più in termini gastronomici, per due sedute di abbinamenti tra i vini di casa e la gastronomia locale che meriterebbero un articolo a parte. Bravi.

Ora veniamo agli assaggi, dove troviamo bianchi elaborati in acciaio a temperatura controllata, salvo saltuari brandeggi termici al bisogno, qualche rimontaggio in affinamento sulle fecce fini e riposo in bottiglia. I rossi, a base aglianico, per scelta stilistica privilegiano l’eleganza attraverso una sapiente levigazione dei tannini ottenuta centellinando l’uso del legno.

Irpinia Coda di Volpe doc 2023

Piacevole e intenso al naso, emergono mela e pesca, fiori bianchi e freschezza. Gusto agrumato, minerale e sapido per una beva agile e pronta. Godibile

Irpinia Falanghina doc 2023

Profumi serrati, da cui filtrano sentori di erba sfalciata e buccia di cedro; al palato esprime un tono acido rimarchevole e una trama iodata dal retrogusto vagamente amaricante. Interessante

Fiano di Avellino doc 2023

La prima bottiglia servita era priva di note olfattive, quindi abbiamo cambiato campione, ma inizialmente era sempre ostico nel concedersi. Un test a fine degustazione ha accertato la bontà del bouquet che necessitava solo di tempo per aprirsi in ampiezza e profondità. In bocca è complesso, avvolgente, strutturato e corposo. Croccante

Greco di Tufo doc 2023

Approccio timido al naso, etereo e floreale, le note minerali emergono pian piano. Bella densità di sorso, fruttato e pingue, albicocca e pietra focaia, con calore alcolico e lunghezza di beva. Muscolare

Fiano di Avellino doc Riserva 2022

Bel tasting, con 4/5 mesi di barrique questo vino amplifica tutti i descrittori caratteristici, soprattutto le fragranze fruttate e la trama minerale e speziata. Al palato è coerente, ampio, denso, corposo, tonico e accomodante: il mio preferito. Gustoso

Irpinia Rosato doc 2023

Il colore è la parte migliore, intrigante nel suo rosa cipria, ma il naso non conquista, resta sulle sue lasciando immaginare nuance fruttate e qualche petalo di rosa. In bocca entra sgomitando un po’, poi si assesta su un timbro fruttato che richiama la nespola; leggero ritorno amaricante. Indeciso

Irpinia Aglianico doc 2019

Dopo la fermentazione in acciaio, la massa viene divisa equamente tra cemento e botte grande dove matura un anno per poi essere riunita in cemento per un altro anno; l’affinamento in bottiglia di sei mesi ci offre un prodotto dai profumi erbacei, con note di vegetale e sottobosco, bacche nere e pepe. Sorso materico, fruttato, prugna con la sua buccia, tannini incisivi ma non troppo, poi calore e liquirizia amara. Solido

Taurasi docg 2018

Eccoci all’icona, al “Barolo del sud”, al marchio di fabbrica. Dopo la consueta fermentazione in inox, parte del mosto matura un anno in barrique (225 lt) e parte in botte grande (80 hl) per un anno e mezzo, poi passa tutto in cemento dove completa la maturazione prevista dal disciplinare. Amarena al naso, subito presente in confettura, poi note floreali e spezie dolci. Al palato è fedele, morbido, giustamente tannico e polposo, con un finale lungo e speziato, di pepe rosa, cacao e liquirizia dolce. Esaltante

Taurasi docg Riserva 2014

La Riserva è un simbolo, un modo per comunicare col cuore l’essenza di ciò che si è, di ciò che è il Taurasi, il suo territorio e la sua gente. Ogni sorso racconta la storia di una terra forgiata dal fuoco dei vulcani, dalle mani sapienti dei vignaioli e dalla pazienza della natura. Il vino ha 10 anni (di cui 2 in legno e 3 in bottiglia) e l’evoluzione si sente. I profumi sono più delicati ma complessi e integri, dove percepisci il rovo, le sue bacche e le sue spine. In bocca entra con passo nobile, ribes nero o gelso in composta, tannini morbidi, struttura ampia con note di caffè e tabacco, fondente e balsamico. Simbolico

CONDIVIDI:

Facebook
Twitter
Pinterest
LinkedIn